Italo Calvino e lo sport

Italo Calvino (1923-1985)

Tutte le mattine prima dell’ora dei miei corsi io faccio un’ora di jogging, cioè mi metto la tuta olimpionica ed esco a correre perché sento il bisogno di muovermi, perché i medici me l’hanno ordinato per combattere l’obesità che mi opprime, e anche per sfogare un po’ i nervi. In questo posto durante la giornata se non si va al campus, in biblioteca, o a sentire i corsi dei colleghi o alla caffetteria dell’università non si sa dove andare; quindi l’unica cosa da fare è mettersi a correre in lungo e in largo sulla collina, tra gli aceri e i salici, come fanno molti studenti e anche molti colleghi. Ci incrociamo sui sentieri fruscianti di foglie e qualche volta ci diciamo: «Hi!», qualche volta niente perché dobbiamo risparmiare il fiato. Anche questo è un vantaggio del correre rispetto agli altri sport: ognuno va per conto suo e non ha da rendere conto agli altri. (nel racconto In una rete di linee che s’allacciano, in Se una notte d’inverno un viaggiatore)

Sentiva il tacco ilare e veloce d’una donna in ritardo, la suola sfasciata del raccoglitore di mozziconi dalle irregolari soste, il fischiettio di chi si sente solo, e ogni tanto un rotto accozzo di parole d’un dialogo tra amici, tanto da indovinare se parlavano di sport o di quattrini. (In Marcovaldo)

Se passiamo alle scienze umane (che includono etnografia, storia, gastronomia, giochi, sport, abbigliamento, linguistica, urbanistica) dobbiamo tener conto che è difficile separare il soggetto uomo dagli oggetti, saldati ormai a lui in una continuità anatomica. (In L'enciclopedia di un visionario)

I giorni di vacanza cominciano a trascorrere veloci. Il Buon Lettore si trova in ottima forma per fare dello sport, e accumula energie per trovarsi nella situazione fisica ideale per leggere. Dopo pranzo però lo prende una sonnolenza tale, che dorme per tutto il pomeriggio. (in I buoni propositi, 1952)

Una collana di questo genere potrebbe dare spazio a libri così, classici e moderni, naturalmente che siano da leggere subito, non da conservare tra i classici. Ma il criterio dev’essere fisso all’attualità della morale del limite umano, del suo continuo allargamento dico, oggi nell’epoca spaziale. In questa voce mi piacerebbe far entrare (se ci fossero) libri che esprimessero l’etica e la poesia dello sport come via per accrescere i poteri dell’uomo, cioè un Hemingway o un Saint-Exupéry che avessero bruciato i loro residui decadenti. (in Appunti per una collana di ricerca morale, 1960)



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