Syd Field

 Chi era Syd Field?


Ecco alcune note tratte dalla lezione di Marco Pozzi:

Inizio anni ‘70. Los Angeles. Hollywood.
Negli uffici dove nascono le grandi produzioni dei film americani, una mansione prevedere la lettura delle sceneggiature che vengono ricevute per selezionare quelle su cui lavorare, che potrebbero, coi debiti investimenti e il debito lavoro, diventare un film. Ci lavora Syd Field (1935-2013): ne legge più di 2.000 in 2 anni e ne seleziona 40 per farne un film; lo racconta lui stesso. Syd Field ha una intuizione da ingegnere, molto scientifica: cioè, nelle sue valutazioni, si pone il problema di identificare i requisiti affinché una sceneggiatura di una buona sceneggiatura: “what is a good screenplay?”
Quando lo chiamano alla Sherwood Oaks Experimental College, una scuola di cinema famosa a Hollywood, a tenere per la prima volta un corso su come scrivere una sceneggiatura, per rispondere alla domanda sistema i suoi appunti e li sintetizza in un sistema. Costruisce una teoria dai dati sperimentali, dai casi particolari ne ricava per induzione una legge generale. Attraverso un’accurata osservazione empirica sviluppa un suo “paradigma”, che espone nel 1979 pubblicando l’ormai classico Screenplay: The Foundations of Screenwriting, che viene studiato ancora oggi.
C’è una struttura in tre atti, che ricalca qualcosa della Poetica di Aristotele; in un film di 120 minuti il primo atto ne occupa circa 30, il secondo circa 60, il terzo circa 30: il primo fonda l’universo in cui ci si muove, il secondo svolge la storia, il terzo fa da epilogo. Ci sono dei “plot point” in cui nell’universo narrativo si rompono degli equilibri, equilibri che vanno ristabiliti attraverso le polarità/desideri dei personaggi; ci sono delle “pinze”, che tengono insieme la storia mentre si svolge, per evitare che si disperda.
Non tutti i film devono necessariamente ricondursi a questo paradigma, ma a questo paradigma ci si può ricondursi per rendere solida una sceneggiatura affinché possa diventare un buon film.




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