Negli anni '20 del Novecento Romano Guardini pubblicò le Lettere dal Lago di Como che reca come sottotitolo La tecnica e l'uomo. Questì i passaggi che meglio definiscono il ruolo della macchina.
- LETTERA PRIMA, La questione. p.9
- LETTERA SECONDA, Artificialità dell’esistenza, p.15
- LETTERA TERZA, L’astrazione, p.25
- LETTERA QUARTA, La presa di coscienza, p.33
- LETTERA QUINTA, Lo sguardo d ’insieme, p.43
- LETTERA SESTA, Il dominio, p.55
- LETTERA SETTIMA, La massa, p.63
- LETTERA OTTAVA, Il venir meno dell'organico, p.77
- LETTERA NONA, Il nostro compito, p.91
Vedi: di ciò che su, nel Nord, è già quasi compiuto, percepii qui i primi sintomi. Vidi la macchina penetrare in un paese che finora aveva posseduto una cultura. (p. 11)
Abbiamo persino imparato a vedere valori positivi nell’ineluttabile. Cominciamo ad aprire gli occhi sulla grandezza di questo nuovo mondo della macchina e troviamo già la forza di guardarlo in faccia e di porgere la mano per dargli forma. (p.13)
Il mondo della macchina viene dal Nord e il Nord può dominarlo; ma nel Sud esso porterà soltanto barbarie. (p.14)
E ciò che il concetto è per la conoscenza delle cose, il meccanismo, l’apparecchio, la macchina lo sono per l’attività pratica. Ciò che il concetto procura alla conoscenza e precisamente il mezzo di arrivare - tramite suo - a molti oggetti senza afferrarne alcuno vivo, di elaborare un segno nel quale tutti gli attributi comuni vengano compresi e designati con rigore - questo servizio la macchina lo rende all'azione. Essa è un concetto fatto d’acciaio. S’impossessa degli oggetti multipli, trascurando la loro singolarità, la loro particolarità e li tratta come se fossero tutti uguali. (p.30)
Il giornalista va a caccia di fatti, li descrive e li analizza; la macchina fotografica li fissa sulla pellicola. Nessun avvenimento passa inosservato. (p.38)
L’essenziale, ora, nella rappresentazione del mondo come in quella dell’uomo è anzitutto di vedere come le forze si trovino l’una rispetto all’altra. Quantità e qualità; calcolo e creazione; macchina e vita; oggetto e persona. (p.52)
Non sussiste alcun sentimento delle possibilità biologiche e dei limiti del vivente; nessun sentimento della misura naturale determina questo comportamento. Il fine è elaborato dalla ragione e fissato arbitrariamente. In base ad una formula scoperta le energie e le sostanze sono fatte convergere ad un unico fine: la macchina. La macchina è una formula di ferro, diretta verso uno scopo determinato. (p.58)
La gigantesca macchina della vita economica funziona nella stessa maniera razionale, meccanica, arbitraria. Essa serve all’organizzazione politica e la domina. Penetra nel più profondo della vita intellettuale per mezzo della stampa quotidiana, del cinema, dell’editoria, del teatro, della musica, dei viaggi, ecc. (p.59)
L’aumento della popolazione nel corso degli ultimi sessantanni è stato reso possibile dalla macchina. D’altra parte, però, è esso che rende possibile la macchina. Tuttavia si deve riconoscere che una cosa non può spiegarsi per mezzo dell’altra. Mi sembra che quel processo che crea la macchina - insisto ancora su questo punto: che essa rompe l’equilibrio organico, infrange i legami con la natura e scatena delle forze isolate - significhi anche lo scatenamento della forza di accrescimento della «vegetazione umana». (p.70)
Ho l’impressione che il nostro patrimonio sia stato preso tra gli ingranaggi di una macchina mostruosa, capace di triturare tutto. Diventiamo poveri, sempre più poveri! Si salverà soltanto ciò che è puro, autentico, in sé e nella nostra anima. Dovrà essere così, inevitabilmente. Forse non abbiamo altro modo per pervenire ad una vera realtà. (p.75)
Ora le energie della natura, così isolate, potevano operare in base al riconoscimento e alla liberazione della loro legalità razionale, sostenute com’erano da questa nuova volontà specificamente meccanica. Definendola «meccanica» non intendo dire che essa sia stata «materiale». In questa volontà è racchiusa una immensa spiritualità. (p.84)
(Questa nuova volontà) non s’appoggia, come sulle sue assise, sulla sfera organica, ove l’uomo inizia le sue intraprese e svolge i suoi compiti. Al contrario, il suo punto di partenza è la forza naturale isolata, concepita razionalmente e divenuta efficace in virtù della macchina - la quale altro non è se non la ragione tradotta in apparecchio! (p.85)
E anche se tiriamo un respiro di sollievo appena questa barbara macchina si è allontanata da noi, sappiamo bene che essa avrà l’ultima parola e che verrà un giorno in cui queste contrade, queste costruzioni, queste città e queste strade e tutto il quadro formato da questo paesaggio saranno sacrificati all’arbitrio di quella motocicletta. (p.87)
Ciò che viene in seguito, invece, mi sembra abbia a rivelare tutt’altra mentalità e precisamente mi pare che mostri la volontà di stabilire liberamente i suoi obbiettivi, indipendentemente da qualsiasi legame organico, sulla base di forze rese libere per mezzo della ragione e assoggettate alla volontà autonoma per mezzo della macchina. (pp.88-89)
Ma, veramente, le forze di cui parliamo sono sfuggite dalla mano della personalità vivente, o si dovrebbe dire piuttosto che è la mano che non le ha più sapute trattenere? Che se le è lasciate sfuggire? E che per questo esse sarebbero cadute sotto il giogo demoniaco del numero, della macchina, della volontà di potenza? ... (p.97)
E io credo di avere delle prove di questa possibilità. Vedo, infatti, una architettura in cui il prodotto tecnico ha trovato la sua forma vera. Questa forma non è un apporto dall’esterno, ma viene dalla medesima origine del prodotto tecnico stesso. Ed essa è così pura, così sincera, così naturale, che si potrebbe esser portati a credere che una macchina giustamente costruita, una casa opportunamente ben progettata trovino in questa perfezione anche il loro valore artistico; (p.107)