Il trattato sul Sublime, il più suggestivo scritto di retorica e critica letteraria o, per dirla in termine moderno, di « estetica » conservatoci dall'antichità, fu edito da Francesco Robortello nel 1554 a Basilea e, assai meglio, l'anno successivo a Venezia da Paolo Manuzio, figlio di Aldo. [...] Un'opera che la tradizione manoscritta ci ha consegnato non integra e sotto il nome di Dionigi Longino non altrimenti noto, e messo in dubbio da molti studiosi moderni.
La parola « sublime » è espressa in greco da un termine dall'accezione molto concreta, hypsos, che letteralmente significa « vetta » con un esplicito riferimento al vertice di cose che si elevano verso il cielo, come le montagne o gli alti bastioni. [...] L'uso metaforico di hypsos nel senso di « elevatezza » o « grandiosità » era entrato nel linguaggio della critica letteraria greca già prima di Longino. (Dionigi Longino, Il sublime, Milano : Rusconi, 1988; dalla Introduzione di Elisabetta Matelli)
[...] considera bello e vero sublime quello che piace in ogni momento e a tutti: quando infatti un'unica e medesima cosa appare sotto una stessa luce a uomini dalle differenti occupazioni, modi di vita, interessi, età e lingue, allora - in un certo senso - il giudizio e l' assenso provenienti da voci differenti procurano una potente e indubbia garanzia a favore dell'oggetto della nostra ammirazione
Dato che cinque - si potrebbe dire - sono le sorgenti più che mai capaci di dare vita allo stile elevato (tutte e cinque hanno come fondamento comune il talento espressivo, mancando il quale viene meno anche il resto), ecco che la prima e la più importante è l'aspirazione ad alti pensieri.La seconda fonte è la passione ardente e ispirata Ma mentre queste due componenti del sublime sono per lo più innate, le altre - invero - già si ottengono con l'arte: la particolare struttura delle figure (che sono di due tipi, le figure del pensiero e quelle dell'espressione) , e poi la nobile dizione (che a sua volta consta di due parti: la scelta delle parole e l'espressione figurata e artificiosa) Quinta fonte del sublime, e che comprende in sé tutte le precedenti, è la disposizione delle parole piena di gravità ed elevatezza.
l'arte risulta perfetta quando abbia l'apparenza della natura, e di rimando la natura raggiunge il suo scopo quando contenga, nascosta, l'arte
E mentre nelle statue si ricerca ciò che è simile all'uomo, nella parola invece, come dicevo, cerchiamo quel che supera la condizione umana.
Conviene tuttavia (e quest'esortazione ci fa tornare al punto iniziale della trattazione), dato che la mancanza di difetti è per lo più un successo della tecnica, mentre la sublimità - per quanto priva di un'uniforme tensione - nasce da una naturale grandezza, che l'arte vada in ogni modo a soccorrere la natura. E l'alleanza reciproca delle due potrebbe forse essere la perfezione
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