La moda ha connessioni con i processi di seduzione?
Si legge su Costellazioni. Le parole di Walter Benjamin a cura di Andrea Pinotti:
La moda prescrive il rituale secondo cui va adorato il feticcio della merce […]. Essa è in conflitto con l’organico; accoppia il corpo vivente al mondo inorganico, e fa valere sul vivente i diritti del cadavere. Il feticismo, che soggiace al sex-appeal dell’inorganico, è il suo ganglio vitale. Il culto della merce lo mette al proprio servizio (Exposé del 1935, AC 379).
La moda è monade* culturale del capitalismo, non un suo effetto, e in quanto sua espressione ci consente di coglierne i caratteri salienti. All’interno del capitalismo non c’è aspetto che sfugga alla legge della merce: ovvero che la separazione – in valore d’uso e in valore di scambio – inerisca alla forma stessa dell’oggetto, trasformandosi in feticcio inattingibile. «Consumo» ed «esibizione spettacolare», ha osservato Agamben, sono «le due facce di un’unica impossibilità di usare», e ciò che non può essere usato viene «consegnato al consumo o all’esibizione spettacolare» (2005, 94). Il capitalismo presenta, dunque, caratteri religiosi (cfr. Il capitalismo come religione, 1921; OC VIII, 96-99), e in riferimento al capitalismo l’estetizzazione può essere concepita come l’organizzazione complessiva delle forme di culto che lo riguardano. Per come si impone il fenomeno di estetizzazione, l’arte non può costituire di per sé una forma di resistenza al processo di mercificazione ed estraneazione, anzi ne è storicamente veicolo: si pensi all’«esistenza parassitaria nell’ambito del rituale» delle arti (AC 23), o al fatto che «voler fissare dei limiti fra réclame e arte è sostanzialmente infruttuoso» (Paralipomena al saggio sull’opera d’arte, AC 55), oppure alle analogie tra l’«immagine votiva e l’immagine pubblicitaria» (ibid.), e infine al detto fascista «Fiat ars pereat mundus» interpretato come il «compimento dell’art pour l’art» (AC 49). Proprio su questo punto è riscontrabile una radicale divergenza rispetto all’idea di arte di Adorno (cfr. la lettera di Adorno a Benjamin del 18 marzo 1936; OC VII, 545-49).
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